Fino al 12 febbraio 2017 a Roma, nell’Ala Brasini del Complesso del Vittoriano (via di San Pietro in Carcere), in mostra 60 opere di Edward Hopper realizzate tra il 1902 e il 1960, che descrivono l’intero arco temporale della sua produzione. Il pittore newyorkese (1882-1967) è il più popolare e noto artista americano del XX secolo, amante degli orizzonti di mare e della luce chiara, maestro di realismo e grande cantore dei silenzi; nei suoi dipinti ha raccontato la società del secolo scorso con la stessa nitidezza di uno scatto fotografico. “Il suo desiderio per la luce si percepiva sempre, protagonista anche quando l’artista dipingeva zone scure, fossero camere da letto o stanze di un ufficio” ha evidenziato Barbara Haskell, curatrice di dipinti e sculture del Whitney Museum of American Art che ha prestato a Roma le opere del pittore.
L’esposizione è infatti prodotta e organizzata da Arthemisia Group in collaborazione con il Whitney Museum of American Art di New York e curata da Barbara Haskell in collaborazione con Luca Beatrice; si passa dagli acquerelli parigini (città in cui Edward approdò per la prima volta nel 1906 e dove ritornò due volte; il resto della sua vita la trascorse tra Manhattan, il Massachusetts e l’East Coast) ai paesaggi e scorci cittadini degli anni ‘50 e ’60 e include alcuni capolavori come “South Carolina Morning” (1955), “Second Story Sunlight” (nell’immagine, 1960), “New York Interior” (1921), “Le Bistro or The Wine Shop” (1909) e “Summer Interior” (1909). La mostra di questo superbo disegnatore è suddivisa in sei sezioni: ritratti e paesaggi, disegni preparatori, incisioni e olii, acquerelli e le immancabili immagini di donne.
I soggetti dipinti da Hopper (facciate di negozi, il faro, le pompe di benzina, i paesaggi di campagna) sono descritti con passo quasi cinematografico e proprio questo mondo gli ha restituito l’omaggio con importanti riferimenti; una sezione della mostra è dedicata all’ispirazione hopperiana nei film di molti registi: da quelli che hanno per protagonista Philip Marlowe, ai capolavori di Hitchcock tipo “Psycho” e “Una finestra sul cortile”, ad Antonioni, alla citazione in “Profondo rosso” di Dario Argento e agli omaggi di Lynch o dei fratelli Coen.